Diario/Sante conversazioni

Nella mia sete mi hanno fatto bere l’aceto11 minuti di lettura

Sangue e Acqua

Sabato 1° giugno 2024 (sera). Grande languore della carne, del morale, dello spirito… tanto che a tratti piagnucolo. O Dio… come farò? Come faccio, a vivere senza amore?

O Dio… so che non è corretto dire “senza amore”. O meglio: è corretto, se si nota che l’ho scritto con la “a” minuscola.

Dio mio, devo rinunciare a tutto! A tutti! Proprio adesso che l’avevo assaggiato, un briciolo di amore, o anche solo una sua imitazione. Una sua parvenza. Affamata, assetata come sono, ho le allucinazioni. Vedo oasi nel deserto.

Ma Dio, Dio mio, dammi il Tuo Corpo, dammi il Tuo Sangue! Ecco perché languisco: ho bisogno di accostarmi alla Tua Mensa.

Nel frattempo, mi tengo in vita con qualche meditazione, catechesi, lettura spirituale… stasera, in particolare, mi è venuto da cercare un “rimedio” online.

Su Google ho digitato “appassionata” e poi “passionale”, seguito da “valtorta”, in modo da trovare corrispondenze nell’Opera di questa mistica (Maria Valtorta, per i miei amici che non la conoscono!). Controversa, lo so, ma la sua vita è analoga alla mia presente.

“Appassionata” e “passionale” sarebbero i miei “sintomi”. Avete presente, quando si avverte un malessere e per prima cosa si chiede consulto a Google…? Ecco, io ho fatto così, e vi garantisco che ho trovato tanti risultati appropriati.

Insomma, l’infermiera Maria Valtorta è venuta ancora una volta in mio soccorso. Non a caso la chiamo così: se non lo sapete, lei prestò servizio durante la guerra come crocerossina; ma ancora oggi, secondo me, ha dal Cielo (presumo) un ruolo di questo tipo. Almeno nella mia storia.

Quello che ho trovato – se non “guarito”, se non proprio “illuminato” – mi ha dato almeno una speranza. Ha rappresentato una “luce in fondo al tunnel”; una Luce, meglio, che Maria mi ha indicato. Mi ha detto come fare per vederLa, finalmente…

“… per vedere la luce”, suggerisce Maria, “non bisogna essere abbacinati. Basta fissare una fiammella di candela fumosa, […] effimera, per restare poi abbacinati al punto da non vedere più riflessa, sulla retina dell’occhio, che quella fiammolina tremolante. Se anche il sole entra giocondo nella nostra stanza, l’occhio, stanco d’aver dilatato la pupilla su quella larva di luce, non vede più il sole…

Ugualmente avviene per lo sguardo dell’anima. Molti non vedono la Luce di Dio, non vedono Dio e non lo sentono perché si sono perduti a fissare tutte le più meschine fiammelle umane. Affetti, affari, onori, cure del proprio corpo caduco, di tutto, di tutto l’uomo si fa una fiammella e la guarda, la cova, l’ama, l’adora, ne fa scopo della vita… e diviene cieco alla Luce vera. Io sarei stata una di queste povere anime acciecate se Dio non m’avesse con mano, che a giudizio d’uomo potrebbe apparire spietata, spento tutte le fiammelle. Tutte. Ero una passionale, assetata di tutto l’affetto che non avevo mai avuto, portata quindi ad attaccarmi a chi mi amasse un poco, facendo di costoro altrettanti dèi del mio cuore, che sarebbe in tal modo rimasto un cuore umano. Dio… paff! con un soffio del suo volere ha spento tutto. Oggi una fiamma, domani l’altra; finché tutte le candele, che ardevano sul mio terreno altare, furono spente. Che buio, che freddo, che terrore!…

Poi è venuto Lui. È venuto a poco a poco, attirandomi con le carezze e con le gioie sensibili. E la luce, come aurora che si riaffacci sul mondo oscurato, si è rifatta piano piano. Non fissavo ormai più altro che quel sorgere di luce che mi consolava dopo tanto tenebrore. E siccome quella luce nascente la sentivo luce d’amore, sempre più andavo verso di lei per esserne invasa e saziata”.

Cara Maria, mi rivolgo a te come se fossi un’amica. Io, che di amiche non ne ho mai avute. E chi le voleva, sfiduciata come ero e sono nei confronti del genere femminile? Ma neanche amici, ho mai avuto, a parte qualcuno. Cosa volevo, cosa coltivavo? Amorucci, passioncelle.

Ma tu conosci molto bene la mia storia, perché… l’hai vissuta. Abbiamo entrambe vissuto, partecipato, di un’unica Storia: quella della Redenzione. La Redenzione… il vero riscatto, la vera rivalsa, tanto agognata e che ci volevamo prendere da sole. Ma Lui ci ha detto di aspettare, di riflettere, di non farlo… avrebbe pensato Lui, a riscattare questa terra deserta. E la terra deserta avrebbe brulicato di vita, finalmente.

La vita sussiste per un po’, senza acqua. Poi il corpo muore. Così, il nostro deserto avrebbe finito per diventare un luogo di morte, piuttosto. Metafora di quelle donne che non a caso prendono il nome di femmes fatales

Adesso però continua tu. Racconta tu, ché è quasi la stessa cosa.

“Le mie condizioni fa­miliari così tristi fra un padre menomato e una madre dispotica […], senza parenti, privata di quegli affetti santi […] di cui sentivo così acuta nostalgia. Il mio tempera­mento desideroso di amore più che di pane, di vesti, di diverti­menti, il mio riflettere che per uscire dall’ambiente ostile e op­pressore della casa (quale era la mia casa) […], mi spinsero ad amare l’Amore [un’ideale, un’idea, un oggetto di idealizzazione, annoto io] più che l’uomo in sé. […] Amare era per me condizione inderogabile per poter vivere. Se fin da allora avessi conosciuto ‘quel che avrebbe giovato alla mia pace’, avrei diretto altrove il mio bisogno di amare e non sarei stata delusa. Ma il buon Dio voleva che io lo amassi con esperienza, dirò così. Lo amassi non per grazia data da Lui gratuitamente, ma per convinzione mia, per mia spontanea vo­lontà. Dovevo andare a Lui dopo aver visto quanto caduche sono le affezioni umane, dopo aver gustato quale amarezza si cela sot­to la fittizia dolcezza [FITTIZIA DOLCEZZA] delle gioie umane, dovevo cercare riposo in Lui dopo essermi persuasa che in qualunque [qualunque, qualunque, QUALUNQUE] altro luogo avessi raccolto il mio volo avrei trovato pungenti spine sotto bugiarde rose [PUNGENTI SPINE SOTTO BUGIARDE ROSE], dopo aver constatato che in luogo della cercata compagnia ovunque [OVUNQUE] era vuoto desolante e che solo Lui, Lui solo poteva dar­mi fedeltà, dolcezza, riposo, calore, compagnia, conforto. A rigore di logica umana questa parrebbe una crudeltà. Inve­ce, ora che sono vivente in piani soprannaturali, io la giudico una prova di stima che Dio mi ha concessa e una predilezione tutta speciale. Alla scuola dell’esperienza mi ha istruita nella conoscenza del Bene e del Male; mi ha mostrato, facendomela toccare con mano, la differenza fra le gioie labili della vita e le gioie eterne dello spirito. Non ricordo in questo momento chi fu colui al quale un serafino mondò, col fuoco preso nel Cielo, il labbro da tutti i sapori umani perché potesse capire perfettamente il cibo della parola di Dio e celebrarne gli splendori [fu il profeta Isaia]. Ma trovo che a me pure Iddio, sostituendosi al serafino, purificò col fuoco del dolore e cuore e labbra per renderli atti a gustare le cose non terrene. Ed io ti benedico, o Padre santo, per l’ardore della bruciatu­ra, per la potenza della tua cauterizzazione, per il tuo operare verso di me in veste di Medico che distrugge, per dar vita, le parti invase da mali distruttori. Ti benedico per il tuo Amore che mi ha salvata contro la mia stessa volontà, per la tua Pa­zienza che mi ha attesa, per la tua indistruttibile Compassione che nessun nostro ripudio e colpa spezza e che ebbe così immen­sa pietà di me. Ti benedico per avermi evangelizzata nuovamen­te, per avermi trasfigurata in Te non appena io ti dissi: ‘Voglio esser tua’!”.

Epilogo: “… non era nella mia natura di essere una unicamente dominata dal senso. Passionale sì, lo ero e lo sono. Mi attaccavo e mi attacco a qualcosa per amare, essendo questo un vero bisogno del mio io, sempre più acuito dal non amore che mi circondava. Da giovane amai intensamente la creatura. Dai venticinque anni in poi amai intensissimamente, sempre più intensissimamente, il Creatore. Ma senza un grande amore, scopo della mia vita, non potei mai stare. Ero dunque una passionale, forse è meglio detto: una appassionata. Ma non una sensuale.

Vi è una grande differenza, benché sul primo non appaia, fra le creature naturalmente viziose e quelle che sono portate a subire tempeste del senso per un complesso di circostanze volute dagli uomini che ci stanno intorno e dal Nemico che continuamente ci guata. Quando in un cielo estivo si formano nubi temporalesche, gravide di fulmini e di grandine, è inevitabile che il temporale scoppi. Ma non sempre però esso diviene temporale distruttore. Quando un microbo assale una persona non sempre fa lo stesso scempio. Se quella persona è tendente a quel dato male, il microbo prospera e conduce a morte. Ma se quella persona è, di nascita, refrattaria a quel microbo, esso non riesce ad attecchire e viene sterilizzato dal sangue generoso del colpito.

Nel mio cielo si erano levate nubi temporalesche accumulate da venti d’inferno e nel mio sangue erano stati inoculati bacilli nefasti. Ma se la grandine era scesa, devastando per sempre la mia fioritura di speranze giovanili, non aveva però incenerito col fulmine la mia linfa vitale, e il mio albero poteva ancora dare, se non gioia di corolle, utilità di fronde. Ma il mio sangue, non di nascita lussurioso, aveva potuto superare, con fatica e sofferenza, è vero, ma con vittoria, i germi della carnalità inoculati in esso.

Passata quella febbre, e passata dopo che il mio Dio mi aveva dato quella risposta che mi fu forza e norma, io ero tornata la Maria di un tempo, ossia la creatura superiore alle seduzioni della natura. E lo ero divenuta ancor più di prima…“.

Gratia non tollit naturam, sed perficit.

Anch’io ho venticinque anni, Maria. Anch’io – appassionata – ho finalmente trovato Chi merita tanta passione. Tanto ardore, ma anche tanto struggimento, perché “passione” è un termine ambivalente.

Sì, Gesù, sarà per Te e solo per Te, che mi annienterò. Rinuncerò a una veste, a un habitus umano in favore di uno divino.

Se mi guardo intorno, vedo che quasi tutti, qui nel mondo, si sono svuotati della loro sostanza e hanno rinunciato alla loro identità (di figli di Dio). Hanno rinunciato all’umano, anche loro, ma non per divinizzarsi. Per animalizzarsi, piuttosto.

Che stato miserevole, Gesù! Non hanno più niente, e per giunta vengono disprezzati da quel padrone crudele a cui hanno scelto di asservirsi. Questo padrone – anche semplicemente il mondo, in senso lato – li rigetta, a un certo punto. Li butta via, perché – dopotutto – “non c’è più niente da perdere”. Non avendo più un’identità, in primis quell’identità di “figli del Re”, che li nobilitava e li rendeva degni di rispetto, anzitutto, non hanno più nessun valore.

Eppure non tornano, da Te, Gesù. Non ne hanno la forza; il padrone li affama. Qualcosa da bere c’è sempre, ma è aceto. Perché questo è tutto quello che il mondo sa dare, a chi ha sete di amore, e Tu lo sai per esperienza.

Quell’aceto l’hai bevuto anche Tu. Anime e amore, volevi, ma non Ti sono stati dati. Ma ora, Gesù, ora Ti do la mia, di anima. Anzi, la Tua, giacché da Te viene e a Te è giusto che ritorni. Poi Ti do il mio, di amore; anzi, il Tuo, amandoTi con la Tua Volontà.

E le anime di tutti, di tutti… se non posso darTele, perché non spetta a me di fare quest’offerta… Te le raccomando, quantomeno.

Sì, Gesù, penso proprio a tutti. Tutti hanno un corpo debole e perdono sangue1Perfetta immagine del peccato originale, secondo una certa ipotesi teologica, nel suo contenuto e nei suoi esiti.. Un morale ferito, prima ancora, perché quella che ho descritto non è altro che una somatizzazione. Tu, Gesù, mi hai dato di capirli bene. Di partecipare, della loro miseria e (quindi) della loro pena, anche se non fino alle estreme conseguenze; mai fino alle estreme conseguenze. Solo un po’, tanto quanto bastava perché arrivassi a compatirli.

È per questo che Ti chiedo: medica, Gesù, la loro ferita, di qualunque specie sia (Tu sai a cosa alludo)! Trasfondi il Tuo Sangue in loro, in modo che Tu diventi la loro vera Vita. E dissetali, finalmente, con l’Acqua che sgorga, anch’Essa, dal Tuo Costato. Solo così non avranno – non avremo – più sete in eterno.

Corpus Domini 2024. Dedicato a quelle anime, in tutto tre o quattro, che Dio mi ha messo davanti, credo, come (santi) intralci. Perché mi ricordassero chi fossi; perché io mi ricordassi chi fossi, rispecchiandomi in loro. È stato anche attraverso di loro, che Dio mi ha detto: Io ci sono. Ma tu, ci sei? Io Sono; ma tu, chi sei? Chi vuoi essere? Con chi vuoi stare? Da che parte?

E ricordati che non sei sola. No, nemmeno umanamente. Quanta presunzione… non sei mica il profeta Elia! 😜

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